Sogni di ordinaria follia.

Designando le linee di una tela intrecciata in musica, rischio tutto, e non ne vale la pena. Le mie illusioni per troppo tempo hanno preso possesso della mia mente, e ben so che tali sono e tali rimarranno. Quei piccoli indizi, quelli continuano a tornare.
Oddio, devo scegliere. Ma che dico, non ho mai dovuto scegliere, ho sempre saputo quale fosse, quale avrei fatto, senza troppi fronzoli. E così, mi ritrovo in te, Venezia, che sia tu maledetta, che con il tuo fascino accogli e seduci milioni di persone, per drogarle, lasciando in essi solo sconforto, che sia il mio ultimo desiderio di vederti bruciare, e nonostante ciò ti ho scelta, al posto di Torino.
Tu non sai quel giorno che ho capito. Lo sapevo che non avrei dovuto cedere alle tue lusinghe, alle tue dolci promesse, lo sentivo dentro, come una vocina che consiglia e protegge. Sei insoddisfazione. Non mi hai dato nulla, se non problemi inutili ed evitabili. Di sogni ne hai distrutti, sai di essere di molti il desiderio nascosto, e a tutti guardi negli occhi, come una ragazza negli anni '60 guardava il suo cavaliere, nascondendo negli occhi le promesse, ma tu, tu, città unica, che cresci dove nessuno aveva mai costruito, tu, che proliferi sull'acqua, tu menti [cit.], e possano le tue bugie essere sottomesse per soccombere, che sia l'acqua di cui ti nutri ad inghiottirti.

E nessuna parola doveva essere detta.

È il momento di ricominciare, di nuovo. Daccapo. Ancora.
Non mi vincerai.

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