Riflessioni in fronte al cielo di Torino nell'estate dorata del 2013.

6/6/2013

Non mancano molti giorni al concerto. Torino mi sta dando molte soddisfazioni.

Mi ritrovo alle 11 di sera a scrivere seduta sulla soglia di casa. Forti luci illuminano la scuola, e, filtrate attraverso le foglie, creano giochi di macchie sulle pareti dei condomini, come effimere decorazioni di un tranquillo angolo di città. Ogni tanto una luce si spegne, rendendo più nitidi e scuri i disegni dell'ombra. I balconi, con ringhiere ormai troppo basse per essere a norma, descrivono gli inquilini che ne abitano l'interno.
La signora del piano di sotto, quella con la badante, ha quasi un giardino sul balcone. Gerani, rose, lavanda, persino una pianta di arance. I signori di fianco hanno sempre la tenda antipioggia spiegata, ma l'uomo che vi abita, questa mattina, beveva da una fiaschetta mentre guardava i bambini, quasi a voler dimenticare la propria vita affogandola nelle loro risate. Sopra di loro, la giovane coppietta festaiola dagli interni caldi e colorati e, vicino, le Barbie malvestite che spesso si son menate. 
E poi ci sono i ragazzi del balcone vicino. La loro è vita universitaria. La loro è vita torinese. Ci siamo ritrovati a parlare di musica, e i loro canti comunisti mi hanno scaldato il cuore...

La luce creava momenti d'ansia, al variare del vento e dell'elettricità, a formare disegni perfetti su superfici umane. La città è troppo stanca per cantare forte stasera, bisogna stare in silenzio e fare attenzione per sentirla. Chiudendo gli occhi, si possono anche sentire un pianoforte e un violino in lontananza, la voce della poesia...

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