Un 12 dicembre qualunque

Finalmente le cose stanno iniziando a girare nel verso giusto. In questi giorni sono stata contattata da una ditta per cui avevo lavorato. Si parla di lavoroni di aiuto e supporto ad un magazziniere disperato la settimana prima di ferragosto, che sia ben chiaro, tutto rigorosamente in nero. Un caldo assurdo, un posto minuscolo, costi della merce, per me, inarrivabili. Un lavoro semplice, gentilmente concesso da fratello che, quasi per caso, mi citò come nullafacente ad uno dei mille clienti della ditta per cui lavora. E io dal mattino al pomeriggio mi ritrovai a lavorare in mezzo a gente che non avevo mai visto nè sentito, in un mezzo edificio di recupero dietro ad una fabbricona tessile, tanto per cambiare. Paga più che onesta, per aver gestito ordini incoming e outcoming tramite programmini creati appositamente da fratello. Assurda la scena in cui la grande capa chiamò proprio lui chiamandolo per cognome "signore"e dandogli del lei per poi passarmelo. Io dissi "ciao, fratello" in dialetto.
Ancora adesso a ripensarci mi vien da ridere.
Faceva talmente caldo che il primo giorno di lavoro, in pausa pranzo, andai a comprarmi un'altra camicetta, perchè quella che avevo su era sudata marcia. Sognavo solo dell'aria condizionata e invece interagivo solo col sito di TNT. Una settimana interessante, di mero lavoro manuale, decisamente soddisfacente. Arrivavo a casa avendo in mente solo il ghiaccio che avrei messo sulle ginocchia e guardando le Olimpiadi, ma son dettagli. 

Dopo due anni e mezzo, mi rivogliono. Alla facciaccia dell'Italia in crisi, mercoledì questi imprenditori per "gente che c'ha li sordi" mi propongono un lavoro, pensando che non mi interessi perchè non c'entra niente con il mio percorso di studi. Non era carino dire che mi interessava proprio perchè esula da quello che ho studiato. La girai tirando dentro la crisi e che io non faccio parte di quella categoria di non più giovanissima popolazione che se ne vuole andare dall'Italia.
Sarò strana, chevvedevodì.
Il colloquio dura 15 minuti ad esagerare. Mi conoscono già, mi fanno domande tecniche e io faccio l'unica richiesta di avere alcune mattine per controllare la tesi, quella che in realtà non ho ancora iniziato perchè non ne ho la forza morale. Troppi brutti ricordi. Troppo che non credo di farcela. Troppo che l'unica cosa che mi spingerebbe a farla sarebbe levarmi il Politecnico di Torino dai cosiddetti.

"Ma quindi ti interesserebbe questo lavoro?"
Che avrei dovuto dire? Ovvio che sì. Al giorno d'oggi non si rifiuta niente, men che meno un lavoro ottimo che ho già un'idea di come si faccia (più che l'architetto, fidatevi) e che so potrebbe rendere bene. Sapete, quando i capi hanno Mercedes e Audi come auto, non penso che mi diano 500€ al mese e un calcio in culo per lavorare come un mulo.
Bene. Archiviato il colloquio "ci risentiamo a gennaio", accetto di andare a manifestare a Torino il venerdì e mi fiondo dall'uomo. Passo una giornata di corsa ma decisamente piacevole. Il giorno dopo scena simile: faccio burocrazia al mattino, mi godo la vita al pomeriggio.
E poi richiamano quelli del colloquio.
Mi vogliono risentire.
"Domani alle due va bene?"
Azz. La manifestazione. Finiremo all'una là.
"Ah...ehm... domani mattina avrei un impegno che finisce tardi... Potremmo fare verso le 4?"
Un po' contrariata, accetta.
Ma che vorranno ancora dalla mia vita?

E poi fu la maratona di oggi.
Sveglia 5.40. Il gelo totale in casa. Quella scimmia del mio gatto ha pensato bene di andare a farsi un giro finchè è buio. Maledetto, mi avrebbe scaldata un po'. Mi vesto a multistrati peggio che ai concerti, entro in assetto da battaglia e preparo l'outfit "professional-chic" che dovrei mantenere se mi assumessero.
Ore 7.20: partiamo in ritardo di quasi mezz'ora, tanto per accrescere la mia ansia. 5 minuti ancora e sarei scesa urlando "IO VOGLIO UN LAVOROOOOO!" e invece no. Alle 9.30 circa scendiamo dal bus. Dietro di noi altri bus. Da uno scende un mio amico autista, di quelli che so quanto vada fiero del fatto che in sede centrale ci sia il faccino mio e di una mia amica con scritto "wanted" sotto. Almeno non è uno di quelli che quando li vedo mi nascondo perchè poi mi stanno attaccati peggio che le palle di Natale all'albero quando lo si disfa a gennaio, che poi è sempre un momento tristerrimo. Vorrei salutarlo, ma siamo in ritardo, il corteo è partito da mezz'ora.
Non potevo sbagliarmi di più.
Siamo rimasti fermi quelle che son sembrate ere geologiche in piazza Vittorio Veneto a guardarci in faccia. Io, madre, le sue colleghe e migliaia di persone con bandiere rosso Cgil e blu Uil. E una bandiera della Cisl senza motivo. Vabeh.
Ore 11: le colleghe di madre decidono di prendersi un caffè, tanto non ci muoviamo.
Legge di Murphy da manuale: come si sono allontanate, è partito il corteo. 50 metri scarsi in 5 minuti, ma li abbiam fatti. Da lì, tutto liscio. Dritti fino in piazza Castello poi verso piazza San Carlo, già gremita, ma pensavo peggio. Ci abbarbichiamo sotto al Caval ëd Bronz di Emanuele Filiberto mentre gente al microfono ci racconta delle loro vite martoriate dalle leggi italiane.
Poi annunciano la Camusso. Parte un "Vai Susi!" da parte del delegato sindacale della fabbrica dove lavora madre. Avvolta in un caldo cappotto rosso che le invidio, ha detto cose molto interessanti, condivisibili o no. Il riassunto del discorso andatevelo a cercare, però il senso era che i cambiamenti vanno fatti con del criterio, perchè se l'Italia è ancora in piedi è grazie alla gente che lavora, e magari non è il caso di massacrare chi regge il Paese.
Rientriamo very easy mentre cerco con lo sguardo l'amico autista che, ovviamente, intravedo poi solo dal bus. Evvabbè, lo troverò in giro. 

Il tempo di arrivare a casa e rendermi vagamente presentabile che corro al colloquio.
Ore 15.50: scendo dall'auto mentre madre aspetta su.
Ore 15.53: entriamo nella stanza dove mi fanno parlare brevemente in inglese. Mi chiedono due robe in croce con cui spero molto di averli convinti. E inizio a crederci quando la capa mi ricorda gli orari, mi dice che ci sentiamo magari già a fine anno e la ragazza con lei, quella che dovrei affiancare, si dimostra soddisfatta.
La mia seconda omonima con cui io abbia mai avuto a che fare.
Ore 16.01: rientro in auto.
8 minuti lordi di colloquio. Probabilmente netti saranno stati 5. Il tempo è denaro, no?
Alla faccia...

Regali di Natale, burocrazia in palestra, il tutto in tiro che manco a capodanno, faccio su e giù tra segreteria e magazzino a gestire borsoni tute magliette maglie da gioco pantaloncini giacconi.
Finalmente a casa alle 19.20 circa.

Dopo cena, uno dei miei momenti preferiti: Hangout con l'uomo. Evviva la tecnologia in tempi di stanchezza.

Per la cronaca, Scimmia il gatto (vero nome: Ronald) se ne arriva bello bello verso le 10 di sera con una fame da lupi. 
Il bastardo ora penso stia dormendo nel mio letto. Esigerà una buona dose di coccole.

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