Quando le code sono ancora vuote

Un luogo il giorno di un concerto ancora vuoto sembra quasi abbandonato.
È il secondo giorno ad Assago e ho appena dato un occhio all'ingresso delle tribune, dove ieri c'erano ancora gli stage trucks carichi di palco e di attrezzature. Il lato tribune è silente, statico, fermo. È la calma prima della tempesta. È il silenzio prima della musica. Era un'immagine dal fascino poetico marcato. 
L'ingresso di Assago mi ha sempre affascinata, e anche se è la prima volta che ci vengo mi lascia un senso di potenza e di maestosità, quasi una ziqqurat dei tempi moderni. Una struttura non enorme, quasi intima, quasi come se ci potessimo guardare tutti negli occhi. 
Ieri sera è mancato qualcosa però. Non so se erano problemi tecnici o come al primo giorno a Torino, che erano smorti. Non un sorriso, non una parola. Però dritti a ritmi elevatissimi fino alla fine perché plug in baby per terza promette sempre bene. Citizen, take a bow, chicche che neanche speravo di poter sentire.
Ero la sola parrucca, la vecchia scuola sta morendo.
Però un sorriso a quei tre sorci l'ho strappato, e fa piacere all'ottavo concerto riuscire a lasciare qualcosa a loro, vale tutte le ore di coda in mezzo alla gente deficiente. Vale prendere sole, pioggia, neve. Vale arrivare alle 10 meno 5 del secondo giorno ancora accampati come i barboni perché la Security non si è ancora fatta viva e non ha preparato la coda. Vale la gente che "ma se fanno revolt io piango". Vale la gente che "ma questa è nuova?" e invece è deadstar e tu stai facendo headbanging come se non ci fosse un domani.
Si può dire che i muse abbiano perso qualcosa in termini di musica, ma loro saltano e corrono su quel palco come avessero vent'anni e fanno sempre degli spettacoli degni di questo nome. 
Oggi sarà diverso, oggi voglio perdermi nella musica e ricordarmi che oggi è la giornata, ieri era una prova. 
Oggi no, oggi voglio tutto.

Sono le due e mi rifugio un po' nel sacro bar del forum. Qui è terra neutra, con aria condizionata e ombra. Gruppi di gente chiacchierano mentre solitari come me si arrangiano o si riposano. C'è ancora poca gente là fuori, ma si inizia a vedere che la Security qualcosa ha imparato da ieri.
Sono carica, ho lo stomaco chiuso, mangio solo della frutta. Sono sempre sorpresa da quanto il mio fisico regga in condizioni di concerto. Sento un brivido nell'aria, anche se fa un caldo clamoroso, sento un soffio diverso da ieri, anche se forse sono solo io, ma oggi sono determinata a prendere ciò per cui sono venuta e non ho intenzione di mollare, anche se ho le gambe scassate.
Quel sorcio invece corre e salta su per il palco come se fosse lui ad avere 10 anni in meno di me. Beata gioventù...
Questo brivido non è del tutto buono però. C'è qualcosa che non torna. Stasera io voglio urlare, tornare senza voce, voglio che sia una Torino 2.


Sono passati due giorni dal concerto. Avevo ragione, sabato erano scarichi quei tre sul palco. Domenica invece sono stati molto più attivi, più divertenti, si sono divertiti di più anche loro.
Ho seguito il concerto di oggi tra tweet, note vocali, periscope e messaggi lamentosi su whatsapp. Invece i numeri sulle mie mani stanno scomparendo. Il 71 del primo giorno è ormai un ricordo, mentre il 34 resiste pallido. Domani sarò di nuovo là, anche se non in transenna, ma mancherò forse solo ai De Staat. In ogni caso approfitterò dell'occasione per fare quello che non ho mai potuto fare: cercare il posto tattico e aspettarli al varco, perché con parrucca e flashing glasses non posso non farmi notare.
Domani sarà il mio decimo concerto dei Muse. Ho iniziato a 14 anni e a quasi 27 le cose non sono cambiate molto. Però mi prenderò ciò che sto cercando da anni e che ero quasi riuscita ad ottenere a Torino.
Una grande e memorabile figura di merda.

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