Quanto pesa la sveglia alle 5.

La verità è che non sono più una ragazzina.
Non ho più bisogno delle parole della musica per trovare conforto, nè l'eccitazione di un concerto. Almeno, non come ne avevo bisogno fino a tre anni fa. La decisione intrinseca di evadere dal mio stesso essere è nata con il bisogno di rinnovamento, dato dal profondo desiderio di trovare un posto da chiamare casa e un luogo a cui appartenere. Questa volta avrei fatto con cura le mie scelte, avrei valutato con attenzione tutte le possibilità e deciso quale sarebbe stata la migliore, nel tentativo di non soffrire ulteriormente. 
Dopo un inizio del quale non vado molto orgogliosa, le cose hanno iniziato a funzionare. 
Sembra assurdo, ma è scandaloso quanto l'esito personale dei concerti a cui assisto sia specchio della radicata esistenza presente dei giorni del tempo. Te lo senti se la giornata sarà perfetta. Certe volte senti anche il profondo senso di fallimento ancor prima. 
Un anno dopo, più o meno.
Siamo sull'orlo della fine del calendario Maya. Significa soltanto che attaccheremo quello di un'altra civiltà scomparsa sul muro delle citazioni improbabili. Sono abbastanza scettica, ma se deve aver tutto una fine in undici giorni, vorrei almeno passare l'ultima sera con una sola persona. 
Non rimpiango molto. Le mie scelte sono state dettate dalla necessità e ciò di cui non sono soddisfatta sono cose che, in fondo, non mi renderanno triste alla fine del tempo.
Nel dubbio, siate felici.

Per ora le parole sembrano essere sempre le stesse, quindi credo sia una saggia mossa non aggravare ulteriormente il fardello d'idiozie. 
Grazie per la cortese attenzione e cordiali saluti, lettore.

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