Le due di notte.

Il mondo tace. Quella vena di follia sento riemergere, come una piccola fiammella luminosa al profondo del mio ventre, come sorta di anima a sè stante che cerca di liberarsi, di collaborare con me come un dittatore che al tempo della repubblica romana prendeva il potere per sei mesi, per riequilibrare la struttura politica e sociale e calmare le acque. Ecco, si ricomincia: date emozioni, il risultato è questo, accostamenti di parole che hanno senso per non troppo tempo, che prendono il valore che gli si dà, nella speranza che lo accettino. Dati un tempo infinito e uno spazio infinito, tutto è possibile.
Non trovo la mia strada. Si confonde nella nebbia delle altre persone come il campanile di San Marco stamattina. Non si vedeva dove arrivasse.
Ora immagina, mia lucina, immagina di trovarti ad una fonte d'acqua. L'aria è calda, solo un leggero vestito bianco addosso, di cotone, un po' trasparente, solo quello. Niente scarpe, niente treccia, niente trucco. La vedi, tra i fili d'erba, la pozza d'acqua cristallina, completamente pura, completamente gelata, completamente libera. Chinati, prendi possesso di me e fa' ciò che io sono troppo razionale per fare. Tocca l'acqua per la prima volta con la mano, come facevamo una volta, quando la nostra sensibilità era straordinaria in confronto ad ora e tu eri un fuoco costante, tocca l'acqua con il palmo, immergila per metà, senti la vita di quel composto che fu culla di vita, comunica con lei, lascia che ti invada. Non affondare la mano. Levala. Un formicolio percorre la mia schiena, ora. Un soffio di vento, caldo, come a cullarti l'ultima volta. Il vestito si abbandona all'aria, la scollatura si apre appena, leggera di forma e di sostanza. La concretezza ora non esiste.
Un appiglio sicuro. Un piede entra leggermente in acqua. La punta dell'alluce, le dita, la pianta, il dorso, infine la caviglia. È fredda, molto fredda. Il corpo freme, non so se di paura o di piacere al pensiero di questo contatto. Freme, ancora. Immergi l'altro. Non c'è nessuno, sii tranquilla. Il freddo diventa gioia. L'acqua sferza tra i piedi, a voler portare via il male dalla pelle.
Ora siediti. L'acqua fredda arriva a contatto con la veste che prima galleggia, poi affonda, carica di quella stessa acqua che ora sfiora le tue cosce, con un brivido, i polpacci, le ginocchia, fino ad arrivare in mezzo alle gambe, in una sorta di unione naturale con l'ambiente, i fianchi, e l'acqua che come delle mani, ti prende da dietro, attraverso il candido cotone che ti ripara, abbandonato anch'esso alla misticità dell'azione. La schiena, in un brivido, accetta la sensazione di freddo, i capelli iniziano a bagnarsi, poi le mani, le braccia, la pancia, i seni, le spalle. Il collo, la nuca, solo il viso non si bagna.
Il gelo paralizza il corpo, ormai in preda alle convulsioni automatiche di riflesso al freddo, in preda ai movimenti propri di un'unione fisica.

Pura follia delle due e quaranta di un solitario venerdì notte, totale incomprensione dell'essere, dell'esistere, totale comprensione di ciò e relativa accettazione. Da tempo ho ormai smesso di programmare ogni cosa, che non ha mai avuto senso, che non ha mai avuto senso progettare cose convincendomi di volerle. Vivere e sentire che ciò che provi è ciò che vuoi provare è un'enorme liberazione. Non smettere di cercare.

Due attimi di lucidità in passato intorno a me.
Wait. He'll come.
Per sacrificare un altro sogno.

Never again.

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